venerdì 30 dicembre 2016

Recensione di "Pastorale Americana" di Philip Roth - Il fallimento del sogno americano

Questa di "Pastorale Americana" è l'ultima recensione del 2016 ed anche la più difficile.

Questo romanzo, con cui Philip Roth ha vinto il Premio Pulitzer nel 1998, è infatti dotato di una struttura complessa.
Sulle prime mi aveva fatto venir voglia di chiuderlo e dedicarmi ad altro: i periodi sono lunghissimi e pieni di digressioni che deviano dall'argomento di cui si sta parlando.

Tali divagazioni, per la maggior parte prolisse e minuziose, oltre a rallentare il racconto introducono spesso argomenti che sembrano avere poca attinenza con la storia e nella prima parte del romanzo costituiscono un vero deterrente alla prosecuzione della lettura.

Ma dopo le prime centocinquanta pagine, utilizzate quasi interamente dall'autore per dipingere la figura del protagonista, il romanzo decolla. E quelle stesse divagazioni che in origine sembravano rendere pesanti e noiosa la lettura, si rivelano essere una vera tecnica narrativa attraverso la quale viene raccontata l'intera parabola di ascesa e di caduta di Seymour Levov.

Seymour Levov, detto "lo Svedese" è un ragazzo ebreo, figlio di una famiglia benestante che incarna il sogno americano: alto, bello e di grande prestanza fisica, viene definito lo Svedese per via dei suoi capelli biondi. 
Siamo negli anni '50 e lo Svedese è osannato da amici e concittadini per le sue abilità nel baseball che lo portano a giocare nelle grandi squadre. 

Sposa Dawn, nientemeno che Miss New Jersey ed eredita dal padre la gestione della fabbrica di guanti di famiglia. Seymour è felice e soddisfatto della sua vita che, agli occhi di tutti, è apparentemente perfetta.

La svolta nella storia arriva quando entra in scena Merry, unica figlia di Seymour e Dawn. Merry è un'adolescente molto intelligente ed arguta ma con un problema di balbuzie e costituisce, agli occhi del lettore una macchiolina nera sul candore della perfezione dei genitori. 

All'età di sedici anni esprime molto fortemente la sua ribellione nei confronti dei genitori e del sistema diventando attivista in una organizzazione politica che è contro la guerra nel Vietnam e si rende protagonista di un fatto tragico che sconvolgerà completamente ed irrimediabilmente l'intera vita dello Svedese e della sua famiglia. 

Ciò che ho più apprezzato, e che costituisce di fatto il cuore del romanzo, è ciò che accade da questo momento in poi: l'estenuante, instancabile e sfiancante ricerca dell'errore. Lo Svedese che per natura è uno che cerca di fare sempre la cosa giusta, cercherà di analizzare il come, se e quando abbia commesso un errore con sua figlia. E si chiede come può rimediare ad un simile sfacelo. 

Questa analisi, che viene compiuta attraverso una narrazione, come dicevo, molto particolare, diventa allora avvincente e risulta addirittura godibile. Le pagine scorrono velocemente fino ad arrivare all'apoteosi del finale, inaspettato e sconvolgente. 

Questo romanzo è complesso e non si adatta ad una lettura superficiale; sia per lo stile che esige un livello di attenzione elevato, sia per le tematiche trattate che vanno dallo scontro generazionale alla morte, dalla storia contemporanea americana al significato della vita. 
Ma la fatica, personalmente, è passata in secondo piano quando ho girato l'ultima, drammatica, anzi tragica pagina del libro.  

Per quanto ardua, Pastorale Americana è un'opera che val bene un tentativo di lettura. 

Buona Lettura! 

{Pastorale Americana, Philip Roth, Einaudi, Pagine 425}


2 commenti:

  1. E questa tua recensione mi conferma che Roth non è per tutti, di sicuro non per me!

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  2. Ho letto la tua recensione. Ho visto che non hai apprezzato la lettura. A me avevano detto di resistere fino al capitolo quinto. L'ho fatto. E dopo mi si è aperto un mondo. Grazie per essere passata a leggere. Ciao:)

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